Il mio collega russo si chiama Ivan, l’accento va sulla a. È in Italia da più di 20 anni, ha frequentato gli ultimi anni delle superiori in Italia però litiga ancora con il genere del nome e la coniugazione dei verbi.All’apparenza è un po’ rigido, ma con noi colleghe ha anche ballato la salsa al team Building aziendale, il sabato fascista dei nostri tempi. A casa sua, ci racconta, fa tutto lui,la moglie sempre russa, ama svegliarsi la mattina presto e andare a guardare le albe. Presumo la società russa sia molto matriarcale. L’ultima volta che è andato in Russia in trasferta, pensavamo non tornasse più, pensavamo lo tenessero lì per mandarlo in guerra. Lui è russo e ha una sua idea sull’attuale guerra. Condivisibile,non fosse che chi l’ha iniziata è proprio il suo paese e questo lo fa passare subito dalla parte del torto. Ancora più condivisibile se penso che un triste noto paese molto occidentale stia promuovendo una guerra senza partecipare con proprie milizie ma fornendo armi,essendone il maggior produttore mondiale. La Russia ci è cascata a piè pari, sciocca. È caduta nella sfida dell’io ce l’ho più lungo. Comunque il mio collega è tranquillo.